Terremoto al Parco Nazionale d’Abruzzo 1915

4 Novembre 2016 - Categoria: Ambiente

stambecco

Mio nonno, giunto ad Avezzano nel gennaio 1915 a portare soccorsi alle vittime del terremoto della Marsica, racconta che rimase sconvolto dallo spettacolo del cataclisma che in tutta la zona causò 30.519 vittime.Nel territorio che sette anni dopo, nel 1922, vide la nascita del Parco Nazionale d’Abruzzo, il più antico d’Italia, interi paesi come Gioia dei Marsi (1600morti) e Lecce nei Marsi (500 morti) furono in gran parte o totalmente distrutti. A Pescasseroli, dove nacque Benedetto Croce, oltre ai danni alle abitazioni, la chiesa dei Santi Pietro e Paolo fu gravemente danneggiata. Restano a ricordo del disastro le casette asismiche costruite allora e oggi sistemate e perfettamente abitate.
Ora tutta la zona, che si stende per 50.000 ettari dal bacino del Fucino a Scanno e dalla Ciociaria all’alta valle del Sangro, è considerata una delle più belle e turistiche d’Italia. Il Parco d’Abruzzo, Lazio e Molise è tra i più visitati e i piccoli borghi magnificamente conservati e attrezzati accolgono i turisti con il fascino dei paesaggi e di un’ unica fauna, dall’orso marsicano al lupo italico, dal camoscio d’Abruzzo al cervo nobile.
Riflettevo a questa storia vedendo il disastro terrificante che ha colpito i Parchi nazionali dell’Appennino centrale, a iniziare da quello del Gran Sasso e finendo con il Parco dei Sibillini forse il più massacrato dal sisma.
E’ proprio in questa riserva naturale di 70.000 ettari nata nel 1993, che la catastrofe ha infatti più imperversato, spaccando in due il Monte Vettore e devastando, tra gli altri, il paese di Castelluccio di Norcia sul Pian Grande, un miracolo naturalistico dove un’agricoltura tradizionale ha creato un paesaggio in cui le colture (le famose lenticchie) dalle fioriture di incredibile bellezza si sposano con i pascoli e i boschi che circondano la piana. E il vedere la tragedia del bestiame, così finora amorevolmente accudito, vagare massacrato e indifeso tra le macerie, non fa che acuire il dolore.
Ma la memoria di quanto è avvenuto più di un secolo fa nell’Abruzzo montano e la sua rinascita devono aprire varchi alla speranza anche in questi martirizzati luoghi. La spinta che il turismo, veicolato dalla ancora intatta bellezza dei paesaggi, dal ritorno di una fauna con specie estinte da secoli come il magnifico camoscio d’Abruzzo, l’eroica resistenza delle popolazioni colpite a non voler abbandonare i loro villaggi sperando nella loro ricostruzione, devono dare un respiro di ottimismo a chi ora piange per le inconsolabili perdite.

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