Perchè gli uccelli (e i pesci) mi temono?
22 Giugno 2011 - Categoria: Natura in cittàUna delle cose che più mi addolora quando vado in natura è vedere il terrore che tutti gli animali selvatici nutrono nei miei confronti.
Iniziamo dagli uccellini che da anni nutro offrendo loro del cibo in una piccola mangiatoia sul mio terrazzo. Non ci crederete: mentre in tutto il mondo, dal Brasile alla Svizzera, dagli Stati Uniti all’Australia gli uccellini non solo non scappano ma addirittura vengono a mangiare in mano, questi, soprattutto passeri, appena mi vedono dietro ai vetri della finestra, volano via terrorizzati, confermando quanto scrisse un ornitologo inglese tempo fa. “In Italia gli uccelli non volano, fuggono”.
Non parliamo poi degli uccelli in campagna. Anche lì, quando faccio del birdwatching dall’automobile (miglior sistema per vederli senza spaventarli), appena mi sporgo col binocolo dal finestrino, è un fuggifuggi generale.
Mi spiego questo terrore rifacendomi alle migliaia di anni in cui queste povere bestioline (come del resto tutti gli animali selvatici) erano oggetto di tremende persecuzioni da parte di popolazioni affamate e incivili: rubate da piccole dai nidi, catturate con lacci, bacchette col vischio, archetti, tagliole, schiacce, reti e altre diavolerie e, da due secoli a questa parte, presi a fucilate da milioni di tartarini.
E il fatto che negli altri paesi civili questo non sia mai accaduto (almeno da un secolo) non ha fatto insorgere l’atavico terrore di queste alate e canore creature nei confronti dell’uomo neandertaliano cacciatore e raccoglitore.
Purtroppo, la paura nei confronti della specie Homo sapiens (quanta ironia in questa definizione) si è sviluppata, da sessantina d’ anni, anche tra i pesci.
L’avvento – negli anni 40 dello scorso secolo – della pesca subacquea che ha fatto identificare nell’uomo armato di fiocine e arpioni il massimo pericolo, ha diffuso ta i pesci, i crostacei e i molluschi un primordiale terrore. Un terrore prima inesistente, in quanto essi non potevano collegare le insidie (ami, lenze, reti, nasse, ecc.) con il pescatore. Ricordo ancora, nei primi anni 50, l’atteggiamento fiducioso e indifferente che le cernie, le corvine i saraghi e tanti altri pesci avevano nei confronti di chi, per la prima volta nella loro storia, li aggrediva nel loro stesso elemento.
Per i pesci, forse perché la persecuzione ha avuto una storia più breve, è piuttosto facile ricreare un clima e un comportamento non condizionato dalla paura: prova ne siano le riserve marine di recente istituzione nel Mediterraneo in cui i pesci, anche molto grandi, si lasciano avvicinare tranquilli e confidenti, dato che lì la pesca subacquea è severamente bandita da anni.
Sarà molto più lungo e difficile, almeno in Italia, riconquistare la simpatia degli uccellini. Purtroppo ancora oggi schiere di cacciatori battono il territorio, felici di poter scaricare i loro fucili su inermi volatili pesanti meno del piombo usato per ucciderli.
Ma basterà aspettare. E tener presente che il nostro santo protettore si chiama San Francesco, un santo che con gli uccelli e i pesci aveva un ottimo e fraterno rapporto.
Per quanto concerne le aree marine protette, in Italia l’ istituzione di queste ultime non è stata mai associata ad un monitoraggio subacqueo secondo parametri scientifici, per cui nessuno sa cosa sta succedendo alla fauna e alla flora subacquea nè prima, nè dopo l’istituzione. Potrei anche dilungarmi nel parlare di come ognuna di esse ricopra una fascia di territorio nella maggior parte dei casi assurdamente estesa, col risultato che gran parte delle suddette aree marine sono mal gestite e portate avanti in maniera a dir poco inadeguata, ma me ne astengo.
Non mi è chiara una cosa: insidiare la vita dei pesci con nasse, cianciole, reti di circuizione strascichi, palamiti e chi più ne ha più ne metta (strumenti che condannano gli animali ad agonie di ore e spesso hanno effetti collaterali distruttivi dell’ ambiente sottomarino) è moralmente accettabile perchè così i pesci non si accorgono che l’ insidia gli viene dall’ uomo. Invece andare a prendersi un pesce nel suo elemento, con il revolver della sincope anossica puntato alla nuca, per il turpe scopo di gustarselo a cena (poche cose sono buone – ahilui – come un sarago arrosto), beh, questo è immorale.
Insomma, è lecito ammazzare i pesci per cibarsene, purchè non si accorgano che sono gli esseri umani a farlo. Ma se si ammette che sia lecito agli esseri umani, cibarsi dei pesci, come i pesci stessi fanno fra di loro (lo spettacolo della vita sottomarina è quello di una crudele lotta per la sopravvivenza – o mangi o sei mangiato) allora la pesca subacquea è il meno dannoso, il più selettivo ed il meno crudele metodo di prelievo.
Il signor Lucat non ha capito il senso del mio blog. Sono sicuro che la pesca subacquea sia più selettiva e meno distruttiva rispetto a tutte le altre forme di pesca citate.
Ho solo voluto spiegare, in base a mie antiche esperienze di pescatore subacqueo in mari, anche europei, dove maschera, pinne e fucile non erano ancora stati introdotti, che, per poter vedere, ammirare e conquistare la fiducia delle creature marine, il presupposto è che la pesca subacquea sia del tutto assente. Ed è per questo che in tutte le aree protette marine, ove qualche tipo di pesca artigianale è consentito, l’ingresso di fucili subacquei sia assolutamente vietato per consentire la visione di pesci non terrorizzati. Tutto qui.
Fulco Pratesi
Egregio Sig. Pratesi
mi pare che la sua risposta confermi in pieno quanto da me asserito. Lei non obietta al fatto che nelle AMP sia consentito ammazzare i pesci, purchè essi non si accorgano di essere vittime dell’ uomo e quindi lo guardino, fiduciosi, quando si immerge per ammirarli. Magari portandosi appresso un polpo congelato per “conquistarsi la fiducia” di una bella cernia, così da poterla ammirare più facilmente e magari fare anche un bel video. (sono dalla parte dei polpi, ai quali mi guardo bene dallo sparare). E dopo una bella immmersione con tante belle fotografie, concludiamo la giornata una bella cena al ristorante a base di cernia in zuppa, sarago arrosto e sconcigli pe’ frutta, per dirla con Claudio Ripa. Trovo molto più coerente la posizione di persone come Margherita Hack che scelgono di essere vegetariani per non uccidere gli animali. Prendo comunque atto con piacere che Lei riconosce che la pesca in apnea sia la forma di prelievo più selettiva e meno distruttiva di tutte quelle che vengono praticate…
In pratica lei dice: è meglio usare ami, lenze, reti e nasse rispetto a un fucile subacqueo in quanto non potendo i pesci collegare tali insidie con l’ uomo essi permetteranno a un essere umano munito di macchina fotografica subacquea di fotografarli e di accarezzarli, magari si metteranno perfino in posa e sorrideranno felici dico bene? Ovviamente per lei non riveste la minima rilevanza il fatto che con una singola rete in poche ore un pescatore professionista uccide barbaramente molti, ma molti più pesci di quanti un pescatore subacqueo mediamente esperto possa sperare di catturarne in una vita intera; inoltre sicuramente non le importa che mentre la pesca che utilizza ami, lenze, reti e nasse è per sua natura poco selettiva, infatti inevitabilmente nelle pescate di questo tipo si trova sempre una grande percentuale di pesci allo stadio giovanile, piccoli e sottopeso che un pescatore subacqueo non si sarebbe mai nemmeno sognato di insidiare, invece la pesca subacquea è l’ unica forma di prelievo marino in cui chi lo pratica attua una accurata selezione andando a effettuare la cattura solo di quegli esemplari che hanno ormai raggiunto lo stadio adulto e che hanno avuto quindi già la possibilità di riprodursi più volte. Però tutto ciò non le interessa, l’ importante è che, anche se i pesci vengono sterminati a milioni dalla pesca professionale la cui pressocchè assente regolamentazione è palesemente la vera responsabile del depauperamento costante dei nostri mari, essi non possano collegare tutto ciò con l’ uomo in modo da essere sempre pronti a farsi fotografare allegramente da ambientalisti da baraccone.
Le persone come lei sono nemici della natura alla pari dei pescatori professionisti, come provano l’ ignoranza e credo anche la malafede dimostrate da chi scrive articoli come questo. Per quanto mi riguarda sono orgoglioso di essere un pescatore subacqueo e sono orgoglioso in particolar modo di poter dire che amo e rispetto la natura fin nel profondo del mio animo.
Per quanto concerne le aree marine protette, in Italia l’ istituzione di queste ultime non è stata mai associata ad un monitoraggio subacqueo secondo parametri scientifici, per cui nessuno sa cosa sta succedendo alla fauna e alla flora subacquea nè prima, nè dopo l’istituzione. Potrei anche dilungarmi nel parlare di come ognuna di esse ricopra una fascia di territorio nella maggior parte dei casi assurdamente estesa, col risultato che gran parte delle suddette aree marine sono mal gestite e portate avanti in maniera a dir poco inadeguata, ma me ne astengo.
Per sua conoscenza Sig . Pratesi
«La follia della pesca nei mari del Nord» titolava ieri, in prima pagina, l’Indipendent britannico. I pescatori dei mari nordici gettano a mare più della metà del pesce che pescano ogni anno. Su questo misconosciuto e drammatico scenario sta cercando di attirare l’attenzione dei governi europei un famoso cuoco, Hugh Fearnley-Whittingstal che ha lanciato una campagna per sollevare il problema del pesce morto gettato fuori bordo dalle flotte di pescherecci europei. Centinaia di tonnellate di pesce, più della metà di quello che tocca terra sulle navi mercantili, viene rigettato tra i flutti oceanici per non infrangere il totale della quota prefissata di pescato da parte dei responsabili governativi della UE. Uno spreco simile non può trovare scusante. I pescatori rigettano il pescato perché fuori misura (troppo piccolo) o perché di specie non commerciabili o ancora perché hanno già raggiunto la quota loro spettante per farlo giungere a terra e venderlo. Questo sistema delle quote, stabilite solo in base ad accordi commerciali e senza alcun intervento degli organi scientifici, sta diventando devastante. L’appello dello chef, affinché questa pratica abbia fine, ha raggiunto, in appena due giorni, le coscienze di 24.000 cittadini che hanno firmato la sua campagna indirizzata a Maria Damanaki, commissario europeo per la pesca. Hughs si propone di raccogliere centinaia di migliaia di firme che abbiano il potere di fare riflettere i ministri europei, una volta che saranno seduti a discutere di un sistema, quello delle quote, che, per il famoso chef, è alla base di questo vergognoso spreco di cibo. A supportare le ipotesi del vulcanico cuoco c’è anche la scienza ufficiale, nella persona di Roberts Callum, autorità riconosciuta dell’Università di York nel campo della pesca commerciale, il quale, a proposito dei quantitativi di pesce morto gettato in acqua, è ancora più pessimista di Hughs. «Probabilmente -afferma Callum- è molto più della metà di tutto il pescato». La situazione che ha maggiori e reali verifiche è quella del merluzzo. I morti gettati tra le onde raggiungono il 60% del pescato nei mari del Nord e fino al 90% dei soggetti di età inferiore a un anno. Un vero e proprio scempio di fronte a intere popolazioni che muoiono letteralmente di fame. Ci sono paesi che cominciano ad accorgersi di questo fenomeno e stanno cercando di correre ai ripari, permettendo una pesca maggiormente selettiva o concedendo benefit commerciali ai pescatori, come sta facendo la Danimarca. Il «rigetto a mare» che, assieme agli sconvolgimenti climatici, è uno dei segni tangibili del nostro dispregio nei confronti della vita marina e di quella umana ci porterà presto a raggiungere acque dell’oceano completamente sterili. – See more at: http://www.losai.eu/per-le-quote-ue-si-gettano-tonnellate-di-pesce-e-mezzo-mondo-soffre-la-fame/#sthash.zMSUtXui.DLI61Tze.dpuf
…che a marina di massa calano ogni notte le reti a 50mt dalla spiaggia, sterminando ogni tipo di forma vivente subacquea!!! Bracconieri….ma senza il fucile in mano non sono così brutti come i pescatori in apnea vero???? Peccato che se continuerà questo “andazzo” della pesca professionale nei ns mari, fra poco caro mio, lei non avrà più niente da guardare e ammirare sott’acqua
Mi stia bene
L.M.