Meduse e indifferenza
24 Agosto 2011 - Categoria: EcomportamentoTra i tanti recenti fastidi estivi che assillano i bagnanti (oltre alle orrende moto d’acqua, le pallonate in faccia, le zanzare e le radioline) non si può trascurare quello costituito dalle meduse.
Un tempo, l’arrivo di uno di questi animali in prossimità della battigia era l’occasione per un eccitante diversivo alla noia che imperava sotto l’ombrellone. E si organizzavano feroci pogrom a colpi di remo o di paletta contro l’innocua cupola gelatinosa orlata di violetto per esorcizzare le improbabili punture causate dai suoi tentacoli.
Oggi le meduse sono molto aumentate. Alle nostrane, di cui solo una, la rosea Pelagia noctiluca, (ggi in preoccupante aumento) è effettivamente urticante, se ne stanno aggiungendo altre, come la Caravella portoghese,sempre più diffusa nei nostri mari, i cui lunghi filamenti possono causare seri problemi.
Quali le ragioni del proliferare di questi celenterati, capaci di creare notevoli fastidi al turismo balneare?
In primo luogo il riscaldamento globale, dovuto all’Effetto Serra, che favorisce il pullulare delle meduse nostrane e apre la strada a specie provenienti da altri climi e da altri mari.
C’è poi la pesca che elimina le specie tradizionalmente nemiche delle meduse come soprattutto le tartarughe marine e i pesci luna che, vivendo a fior d’acqua, si nutrono in modo massiccio di queste gelatinose creature.
Ma la causa principale del loro pullulare va ricercata nella sovrappesca, peggiorata dalla pratica del bycatch la quale, rivolta al prelievo delle specie più commerciali e allo scarico in mare, morte, di tutte le altre forme di vita rimaste nella rete a strascico, depaupera pesantemente le classi giovanili di pesci che si nutrono delle meduse neonate che popolano il plancton, favorendo così il loro sviluppo e la loro, prima sconosciuta, moltiplicazione.
Dato che siamo in argomento balneare, vorrei esporre ai miei lettori un dubbio che mi assilla da anni e sul quale vorrei sentire il loro parere.
Succede spesso, nelle ultime estati, che qualche bagnante si senta male, sia travolto dalle onde o sia colpito da un improvviso malore e, nonostante gli sforzi dei soccorritori, perda la vita. Il corpo, così, resta pietosamente coperto da un telo, sulla spiaggia affollata dai bagnanti, in attesa che le autorità sopravvengano e svolgano le pietose operazioni del caso.
La gente, dopo un primo moto d’impressione e di dolore, torna alla proprie occupazioni. E un giornalista, riferendo della recente morte di uno sfortunato bagnante sulla spiaggia di Ostia, si indigna (come quasi sempre succede in casi analoghi sia sulla stampa sia in televisione) perché “tutt’attorno, la gente non si è mossa dai lettini, ha continuato a prendere il sole, a chiacchierare, a commentare quello che era successo. In molti hanno perfino fatto il bagno a pochi metri da quel lenzuolo che proteggeva dagli sguardi il corpo senza vita”.
Siccome questi episodi si ripetono tristemente tutte le estati (sono 15 le persone annegate dall’inizio di luglio tra Civitavecchia e Anzio e nei laghi vicino a Roma), mi domando cosa un casuale testimone della disgrazia, dovrebbe fare in attesa della rimozione del cadavere, per evitare critiche e reprimende dei mass media.
Sostare in mesto e compunto atteggiamento in piedi attorno al corpo recitando preghiere per i defunti? Creare un silenzioso cordone sanitario per impedire che nelle vicinanze riprendano le attività non consone alla dignità della morte? Procurare mazzi di fiori con cui coprire la salma? Cercare un sacerdote che impartisca le esequie e benedica il cadavere?
Sarebbe bene saperlo per sfuggire ai giudizi severi di chi vorrebbe comportamenti diversi da quelli disdicevoli per la loro indifferenza che il giornalista del Corriere della Sera ha stigmatizzato nel suo articolo di oggi 22 agosto 2011.
Gent.mo Dott. Pratesi
le auguriamo un felice compleanno, ricco di successi e soddisfazioni.
Complimenti per il suo lavoro, costante e interessante in tutti questi anni.
Daniela e Claudia
Egregio dottor Pratesi, conosco la Sua opinione circa quello che dovrebbe essere il destino delle spoglie mortali umane, quindi non mi stupisce che Lei ritenga fastidioso che qualcuno si indigni per l’indifferenza dei bagnanti in casi come quello che descrive. Per Lei la “carcassa umana” non andrebbe certo pietosamente coperta da un telo ma, magari, dopo averla esposta alcuni giorni al provvidenziale ed ecologico scatenarsi degli elementi naturali, si potrebbe organizzare una piccola cerimonia in spiaggia con amici e parenti che, su barche rigorosamente a remi o al massimo a vela, provvedano poi a trainare la “carcassa” al largo e permettano quindi che si compia il naturale ciclo della catena alimentare. Sarebbe anche un bel modo, da parte dei parenti del defunto, di compensare in parte la natura e l’ambiente dell’insostenibilità ecologica del “de cuius” che quando era in vita amava, orrore degli orrori, deliziarsi il palato con una bella bistecca alla fiorentina oppure del fritto di pesce. L’importante è che si curi, nel corso della cerimonia, che i rematori delle barche non abbiano inavvertitamente ad urtare e quindi a causare ingiusta sofferenza a quelle povere creature gelatinose, dette meduse.
Cordiali saluti.